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Martirio e guerre di religione: la Storia si ripete

lunedì, 20 aprile 2015 23:13

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Mafalda Bruno
Sarà capitato a molti, durante il periodo pasquale, di rivedere qualche film storico come I Dieci Comandamenti, Ben Hur, La Tunica: film che, si sia credenti o meno, riescono ancora oggi ad affascinare l’immaginario collettivo non foss’altro che per le magistrali interpretazioni di attori che, in seguito, sono diventati delle icone nel campo del cinema mondiale.
E dei martirii di cristiani abbiamo rivisto le immagini e rivissute le storie: cruente, violente, il più delle volte senza una spiegazione razionale ed oggettiva, con prove certe, (oggi diremmo per futili motivi) se non quella dello sterminare, sul nascere, possibili usurpatori di troni e di poteri dei grandi di allora.
Pare assurdo che la storia si stia ripetendo dopo 2000 anni. Con connotati diversi sicuramente, al posto dei leoni oggi ci sono i kalashnikov, al posto di soldati che ubbidivano al potente di turno, oggi c’è una massa di assassini per i quali la vita umana vale zero spaccato. Cicli e ricicli storici.
Di fronte alle notizie sempre più tragiche in Oriente, in Africa e nel Mediterraneo, in molti ci chiediamo se e come bisogna reagire a questa mattanza, motivata (?) dal fatto di essere di religione cristiana. Quale sia la tattica migliore per contrastare questi eccidi di vite umane, ree solo di avere una fede non musulmana. Dovremmo reagire militarmente e colpire duro davanti ai massacri di cristiani inermi, abbassandoci così al livello dei feroci aggressori? La morte orribile dei profughi buttati a mare da musulmani, ci porta giocoforza a riflettere sui princìpi della libertà di religione, sulla quale, non foss’altro che per buon senso, ci sentiamo di affermare che non può e non deve prevalere la logica bellica, la logica della sopraffazione.
Nondimeno, girarsi dall’altra parte, come se non stesse accadendo nulla, è un atteggiamento che non possiamo permetterci. Siccome non sono ancora arrivati da noi, la cosa per ora non è una nostra grana: riposino in pace quelle povere vittime, ma noi, di guai, ne abbiamo già abbondanti in casa nostra!
Ma è giusto fare questo ragionamento qualunquista se da mesi l’orrore è ormai parte integrante del quadro internazionale, in cui Dio viene usato come arma per ripetute violenze efferate? D’altro canto, alla radice, alla base di tutte queste violenze, c’è la totale carenza di dialogo, con una controparte che, nella sua follìa ideologica, decreta: solo io sono nel giusto, tu sei un infedele, quindi ti uccido. Se non c’è alcuna possibilità di dialogo, rimane solo (nella logica terroristica) eliminare chi ha un credo diverso.
Una scheggia impazzita del mondo musulmano è diventata assassina, trasformando la fede in motivo di sterminio, e parole come solidarietà, dialogo, comprensione, in bocca a loro, fanno sorridere persino, talmente suonano assurde e surreali. Il germe dell’odio violento ormai ha attecchito dovunque, davanti alle reazioni spesso inermi e disinteressate di chi avrebbe dovuto avere sentore, in tempo, del pericolo terroristico ed eliminarlo sul nascere. Ci rifiutiamo di scrivere che ormai è troppo tardi, ma negare che la situazione stia degenerando paurosamente, sarebbe quantomeno ingenuo e da osservatori pericolosamente miopi.
Per cui, anche se la frittata ormai non solo è fatta, ma continua a cuocere pericolosamente nella padella, si può solo ribadire che la principale arma per combattere queste guerre di religioni, rimane il dialogo politico-internazionale tra i governi e le istituzioni multilaterali, forze sociali e maggiori leader religiosi; sono loro che debbono farsi portavoce attivi – ciascuno secondo il proprio ruolo – di azioni pacifiche che non sfocino nell’odio, nel muro contro muro: evitando la tentazione di cadere in una pseudo guerra santa (ma se è una guerra, quanto è giusto definirla “santa”?) ma sia capace di sancire, sulla base del diritto internazionale e degli ordinamenti nazionali, la sicurezza, il rispetto reciproco, la pacifica convivenza anche tra fedi diverse.
Altrimenti, e forse ci siamo già dentro senza saperlo, la terza guerra mondiale, dagli esiti imprevedibili, è una possibilità concreta e catastrofica, anche per “noi” …. in tutt’altre faccende affaccendati.
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